Autolesionismo negli adolescenti: perché i ragazzi si feriscono? Questo mese le psicologhe dello studio Psynerghia ci aiutano a capire meglio un fenomeno complesso e articolato come quello delle condotte autolesive in adolescenza.

Genitorialmente | Autolesionismo negli adolescenti

Come sempre partiamo dalle riflessioni e dalle paure di una mamma Daniela che ha scoperto che la figlia Giulia si taglia, ne abbiamo parlato in questo articolo.

  • Perché i ragazzi si feriscono ?
  • Che cosa provano quando lo fanno?
  • Che cosa possono fare i genitori per aiutarli?
  • Autolesionismo – Una definizione

Autolesionismo negli adolescenti:

Iniziamo la nostra riflessione partendo proprio dal definire che cos’è l’autolesionismo: “L’insieme di tutti quei comportamenti intenzionali finalizzati a procurare un danno alla propria persona”

Si tratta di un fenomeno molto diffuso prevalentemente tra gli adolescenti, soprattutto nelle ragazze, insorge attorno agli 11-12 anni e coinvolge tra  il 15 e il 20% degli adolescenti e il 6% degli adulti. Ci teniamo a specificare che è generalmente correlato  alla presenza di difficoltà in famiglia e/o a scuola, di stati ansiosi, di vissuti depressivi e bassa autostima.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità mette in evidenza alcune caratteristiche che accomunano le condotte autolesive. Si tratta di comportamenti:

  • – Non fatali
  • – Intenzionali
  • – Volti a danneggiare se stessi
  • – Che non prevedono l’intervento di altre persone
  • – Finalizzati ad apportare dei cambiamenti mediante le conseguenze fisiche attese

Ci sono molti modi di portare avanti condotte autolesive ma i gesti più diffusi sono: tagliarsi, bruciarsi, colpire parti del corpo, mordersi e ingerire oggetti.

Autolesionismo negli adolescenti

Ma perché un ragazzo o una ragazza dovrebbero volersi fare intenzionalmente del male?

La risposta può apparire paradossale: si fanno male per poter stare meglio.

Tagliarsi rappresenta infatti un modo per spostare l’attenzione dal dolore emotivo a quello fisico.

In un’età caratterizzata dalla presenza di forti contrasti emotivi per molti ragazzi può essere particolarmente difficile gestire emozioni dolorose o la presenza di vissuti ambivalenti e tagliandosi possono avere la sensazione di scolpire sul proprio corpo le emozioni dalle quali si sentono schiacciati e che a volte non riescono neppure a nominare.

Si tratta di una modalità disfunzionale messa in atto per tentare di regolare le proprie emozioni, proprio quelle che vengono percepite come troppo intense e difficili da tollerare. È quindi una strategia che viene messa in atto con l’idea illusoria di attenuare il dolore emotivo, ma questa sensazione di alleviamento dura veramente pochissimo tempo: l’attimo di realizzare che cosa si è fatto e di sentire spesso aggiungersi al dolore anche il senso di colpa.

Ci si potrebbe chiedere allora che senso abbia ripetere un simile gesto se si è già sperimentato che la sensazione di benessere e controllo è illusoria, ma si deve tenere ben presente che si tratta di un gesto impulsivo, e se si chiede ai ragazzi di descrivere il passaggio tra il pensiero e l’azione spesso non sono in grado di farlo. Si tratta di attimi in cui si gioca il tutto per tutto e il desiderio di sciogliere la densità del dolore va oltre ogni piano razionale e porta a ripetere le condotte autolesive.

L’illusione di non essere impotenti di fronte alla sofferenza diventa la cosa più importante e guida l’azione.


Autolesionismo negli adolescenti

COSA POSSONO FARE I GENITORI?

La prima cosa da fare quando si scopre che un figlio o una figlia si ferisce è quella di porsi in una posizione di ascolto e accoglienza. Si tratta di una cosa molto difficile da fare perché la prima reazione è quella di paura e di impotenza, la stessa impotenza che sentono i ragazzi.

Per poterlo fare sarà necessaria una grande fermezza, bisogna riuscire a fare sentire ai propri figli che i loro genitori sono capaci di contenere un dolore tanto grande, e siccome, molto spesso non lo sono, è in genere opportuno che tutto il sistema familiare si faccia aiutare.

Ed è per questo che è sempre consigliabile rivolgersi ad un professionista che possa supportare la famiglia in questa fase delicata, senza lasciarsi convincere dalle frasi dei ragazzi che, nell’illusione di avere tutto sotto controllo, spesso promettono che non lo faranno più. Ma promettono una cosa che non è in genere in loro potere fare da soli. È importante che qualcuno possa aiutarli a mettere in parola il dolore e a imparare ad attraversarlo senza farsi ancora più del male.

Maria Grazia Rubanu e Melania Cabras

Psynerghia – Psicologia e Relazioni

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Come togliere il cellulare ai figli: nomofobia e dipendenza: le domande dei genitori e le riflessioni delle psicologhe

Photo by Tammy Gann on Unsplash

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