Suicidio di un adolescente, quando la notizia è vicina a te hai paura. Guardi tua figlia che ha la stessa età e hai paura.
Sembrava un giorno come un altro, fino a quando non è arrivata quella telefonata alla mia collega. Quella telefonata che annunciava che un amico di sua figlia si era suicidato.
Quando me lo ha detto, non riuscivo più a respirare. Sembrava che il mio corpo non si ricordasse più di respirare.
Un ragazzo di 15 anni si è suicidato buttandosi nel vuoto.
Inizia la ricerca in internet, perché per quanto la notizia sia terribile cerco una smentita che almeno ci dica che è scivolato. Nessuna smentita.
Perché?
Un ragazzo come la figlia della mia collega, un ragazzo come mia figlia. O no?
Sono passati tanti mesi da quel giorno, ma di queste cose non si riesce a parlarne subito.
Telefono a mia figlia facendo finta di niente che mi chiede di passarla a prendere in biblioteca.
Continua a mancarmi l’aria, perché da quando sono diventata mamma per me i ragazzi sono tutti un po’ “miei figli”. C’è un tacito accordo fra i genitori, o almeno io credo sia così: “Tu guardi mia figlia che io guardo la tua”.
Un adolescente come mia figlia si è suicidato. Forse è più corretto dire un ragazzo della stessa età di mia figlia. Scappo dall’ufficio, corro da lei. Ho bisogno di vederla, subito.
La raggiungo in biblioteca e lei tranquilla sale in macchina con la sua amica. Le racconto immediatamente cosa è successo:
suicidio di un adolescente
un ragazzo come lei.
Ho fatto bene? Non lo so. Non lo so perché nessuno ti insegna a fare il genitore e figurati in una situazione come questa.
Emulazione? Si ci penso. Ma poi prevale il cercare di capire. Parlo a mia figlia e alla sua amica, il fatto che siano in due mi sembra che sia meglio, mi sembra che sia più facile. Bullismo è la prima risposta che mi arriva dalle ragazze. Questo non lo sappiamo.
E i genitori del ragazzo? Sua mamma? Una mamma come me, o forse no. Come può un genitore non capire un malessere così grande? Una depressione così forte che porta al suicidio di un adolescente?
E’ possibile per un genitore non capire?
Lo chiedo alle nostre psicologhe perché io non so cosa rispondere. Io so che spesso sappiamo così poco dei nostri figli.
Ho chiesto a mia figlia
“Se hai un problema vieni a parlare con me?”
Lei parla poco, ma quando parla lascia il segno
“No, tu non mi capiresti.”
“Tu ti arrabbi per un brutto voto.”
Incomincio a parlarle, a spiegare che qualunque cosa succeda io sarò sempre dalla sua parte. Che qualunque cosa succeda, forse, anzi sicuramente io non la capirò come le sue amiche, ma io sono l’unica che la saprà aiutare. Ho cercato di spiegarle che paradossalmente anche se mi arrabbio per un brutto voto, non mi arrabbio per un problema più grande, perché quello che conta è lei.
Quello che conta è la sua vita. Io mi pongo obiettivi a lungo termine, per me il primo obiettivo è che lei cresca come una donna responsabile, soddisfatta della sua vita e felice. Che lei viva il suo presente cogliendo tutte le opportunità che la vita le offre, con il sorriso sulle labbra e il vento tra i capelli.
Il dialogo, ma quanto è difficile il dialogo tra madre e figlia?
Un adolescente si è suicidato, aveva 15 anni e il mondo gli è apparso troppo brutto per continuare a vivere. Io questo lo posso anche capire, l’adolescenza è un momento molto difficile.
Ma noi genitori come facciamo ad aiutare i nostri figli?
Come facciamo a capire?
Come facciamo a spiegare ai nostri figli che quello che conta sono loro e che tutto si risolve?
Queste sono le domande accalorate che poniamo alle psicologhe di Psyblog e Studiopsynerghia. Con i loro consigli preziosi ci aiutano a diventare dei genitori migliori, questo mese parliamo di suicidio di un adolescente di come capire le crisi dei nostri figli e come aiutarli. Puoi leggere le loro risposte in questo articolo Le riflessioni delle psicologhe.
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