Bullismo a scuola: un fenomeno sociale che sembra in aumento e desta preoccupazione nelle famiglie e negli insegnanti. Per la rubrica Figli al centro continua la collaborazione con Psyblog e le sue psicoterapeute,  che cercheranno di rispondere alle domande che gli abbiamo fatto nell’articolo: Come prevenire il bullismo a scuola

Genitorialmente | Bullismo a scuola

Iniziamo con una riflessione su che cos’è il bullismo

Il bullismo è una forma di comportamento aggressivo che ha delle caratteristiche distintive sulle quali c’è consenso a livello internazionale.

Nello specifico, perché un comportamento possa essere definito un atto di bullismo, deve avere questa caratteristiche:

  • intenzionalità: il comportamento aggressivo viene messo in atto in modo volontario e consapevole;
  • sistematicità: il comportamento aggressivo si ripete nel tempo;
  • asimmetria di potere: tra le parti coinvolte c’è una differenza di potere che può essere dovuta alla forza fisica, all’età o alla numerosità delle persone coinvolte se le aggressioni sono di gruppo.

Su questo fenomeno è fondamentale l’influenza della cultura

Viviamo in un contesto in cui è  molto diffusa la cultura che sostiene i comportamenti di prepotenza, si tratta di una cultura del predominio e dell’esercizio delle alleanze che prevede la sottomissione e l’annientamento dell’avversario, come in una vera e propria guerra.

Il bullismo è un prodotto sociale che coinvolge diversi attori

Ci preme sottolineare una cosa molto importante: il bullismo riguarda tutti gli alunni, non solo quelli coinvolti in modo diretto, i ruoli che possono essere assunti sono differenti:

  • Bullo: chi mette in atto comportamenti prevaricatori nei confronti dei compagni
  • Aiutante: chi sostiene il bullo in modo attivo, come seguace
  • Sostenitore: chi rinforza il comportamento del bullo incitandolo, ridendo o anche semplicemente stando a guardare
  • Difensore: chi prende le difese della vittima cercando di fare cessare le prepotenze o mettendo in atto modalità consolatorie
  • Esterno: chi non fa niente ed evita ogni tipo di coinvolgimento
  • Vittima: chi subisce le prepotenze

Bullismo a scuola. Perché si diventa bulli?

Manu ci pone una domanda che fa riflettere: perché si diventa bulli? Sull’argomento sono state fatte varie ricerche che hanno messo in evidenza alcuni fattori che possono predisporre alcuni alunni ad assumere il ruolo di bulli:

  • la convinzione che la prepotenza paghi, abbiamo visto quanto questa sia una dimensione culturale presente nella nostra società e nelle scuole capita che gli alunni prepotenti possano essere ammirati o temuti dagli altri e per questo riescano ad ottenere visibilità;
  • la presenza di tratti impulsivi e la difficoltà controllare la propria aggressività;
  • il fatto di ritenere gratificante dominare gli altri ottenendo la loro accondiscendenza;
  • il pensare che la prepotenza sia sinonimo di forza e fermezza di carattere;
  • il considerare divertente molestare qualcuno quando ci si trova in gruppo;
  • la presenza di scarsa empatia con evidente difficoltà a sentire e immedesimarsi nella sofferenza degli altri;
  • la presenza di pregiudizi su gruppi etnici, categorie sociali o orientamento sessuale;
  • l’influenza di modelli aggressivi nella vita reale o attraverso i film;

 

Bullismo a scuola. Quali sono le caratteristiche dei possibili bulli?

  • possono essere più forti fisicamente o più grandi d’età;
  • sentono il bisogno di dominare e sottomettere gli altri;
  • desiderano imporre il proprio punto di vista;
  • sono impulsivi e hanno bassa tolleranza alla frustrazione;
  • hanno difficoltà a rispettare le regole;
  • possono essere aggressivi verbalmente anche con gli adulti;
  • in genere il loro andamento scolastico peggiora alle medie e tendono a disaffezionarsi alla scuola;
  • hanno una maggiore probabilità di iniziare una carriera deviante;

E le possibili vittime?

Bullismo a scuola. Anche le vittime hanno delle caratteristiche che le accomunano:

  • sono spesso più deboli fisicamente dei coetanei;
  • sono cauti, sensibili, riservati, spesso introversi;
  • hanno spesso una bassa autostima e lo comunicano agli altri con il loro modo di fare, appaiono senza valore e incapaci di difendersi;
  • hanno difficoltà ad affermar se stessi nel gruppo dei coetanei;
  • spesso si rapportano meglio agli adulti che ai coetanei;
  • hanno un rendimento scolastico che tende a peggiorare nella scuola media.

Bullismo a scuola. Perché c’è omertà nei coetanei?

Una delle cose che più stupisce gli adulti che vengono a conoscenza degli episodi di bullismo è la coltre di non detti, o di detti a bassa voce che caratterizza ciò che accade.

L’omertà riguarda sia gli aiutanti del bullo che i sostenitori/spettatori che assistono muti ai soprusi e alle prevaricazioni.

Dietro queste azioni differenti ci sono differenti motivazioni.

Chi sostiene il bullo aiutandolo nelle attività probabilmente condivide la sua stessa visione del mondo basata sulla legge del più forte, o almeno del vince chi sale sul carro del vincitore.

Chi assiste in silenzio probabilmente ha paura, magari proprio la paura che possa succedere a lui la stessa cosa e quindi prende le distanze anche a livello emotivo. C’è la paura che possa succedere la stessa cosa ma non dobbiamo dimenticare che durante l’infanzia e adolescenza è molto forte anche la paura di essere esclusi dal gruppo.

A volte si lascia fare per paura di essere esclusi o per il desiderio di essere inclusi: insomma il fare parte del gruppo diventa una variabile fondamentale, un valore che guida l’azione anche a costo di diventare disvalore.

Quante volte abbiamo provato rabbia nel vedere l’omertà dei ragazzi che assistevano in silenzio magari filmando ciò che avveniva col telefonino? Più rabbia quasi che per lo stesso bullo. Eppure questo è un fenomeno che accade spesso anche tra noi adulti: tante volte capita che di fronte a gesti di violenza o di ingiustizia si resti impietriti, magari aspettandosi che sia qualcun altro ad intervenire. Si chiama diffusione della responsabilità: un fenomeno studiato dalla psicologia sociale che ci dice che quante più persone sono presenti tanto più si penserà che sarà un altro a  dover intervenire e ci si sente liberi di non farlo.

La cattiveria fa più proseliti della bontà?

Manu ci chiede anche questo: la cattiveria fa più proseliti della bontà?

Non crediamo che la cattiveria faccia più proseliti della bontà, ma sicuramente la nostra percezione della realtà ce lo fa credere.

Intendiamo dire che la nostra mente rimane maggiormente colpita da alcuni tipi di notizie piuttosto che da altri. Non possiamo conservare in memoria tutte le informazioni  e così il nostro cervello si ritrova a fare una scelta tra le cose che ci colpiscono di più, che sono generalmente quelle negative, anche perché sono soprattutto le cattive notizie a fare rumore e ad arrivare ai media.

Bulli e vittime sono entrambi bambini/ragazzi, non hanno proprio niente in comune?

Bullismo a scuola. Cosa hanno in comune i bulli e le vittime?

Al contrario di quanto spesso si crede, i bulli e le vittime hanno diversi aspetti in comune:

  • entrambi hanno sviluppato modalità inadeguate di relazionarsi con gli altri;
  • entrambi sono incapaci di gestire le situazioni conflittuali: il bullo non tollera il confronto e i conflitti, la vittima li teme.

Inoltre entrambi corrono dei rischi:

  • il bullo corre il rischio di avere maggiore conflittualità nei rapporti futuri, di andare incontro all’isolamento, alla messa in atto di condotte devianti come la delinquenza o la dipendenze da sostanze;
  • la vittima ha una maggiore probabilità di sviluppare stress e sintomi fisici di varia natura (mal di testa, coliti, dermatiti, etc…), fobie, ansia, depressione, isolamento.

Bullismo a scuola. I genitori delle vittime e dei bulli

Abbiamo volutamente tenuto uniti nello stesso paragrafo i genitori dei bulli e i genitori delle vittime, perché, lo ribadiamo, secondo noi in situazioni di questo tipo hanno bisogno di aiuto sia le vittime che i bulli e anche i loro genitori!

Se un bambino o ragazzo è coinvolto in episodi di bullismo, che sia attore o vittima ha comunque bisogno di aiuto e l’aiuto parte sempre dall’ascolto.

È fondamentale ascoltare sempre i figli. Credere in loro, mettendo anche in conto che potrebbero non dire l’intera verità, soprattutto se si tratta di temi che li imbarazzano, sia perché si vergognano di essere vittime, sia perché hanno paura della reazione dei genitori, se sono i bulli.

I figli devono sapere quanto valore hanno per i genitori le loro confidenze, sapere che non si sentiranno giudicati in modo troppo rigido e che i genitori sono con loro per aiutarli a stare meglio, insomma che, nel bene o nel male, si gioca sempre nella stessa squadra.

È importante fidarsi del proprio istinto e se si sente che c’è qualcosa che non va predisporsi al dialogo.

La regola principale è sempre la stessa, quella valida per tutte le difficoltà che si incontrano con i figli: comunicare e saper ascoltare davvero.

Forse sembrerà banale, ma nella nostra esperienza notiamo che spesso i genitori concentrano la propria attenzione e le proprie domande solo sulla scuola, intesa come voti o performance, trascurando gli aspetti relazionali.

Soprattutto quando i bambini sono piccoli può essere utile chiedere se qualcuno a scuola si è arrabbiato, se qualcuno ha fatto il prepotente con gli altri, se qualcuno è rimasto male per qualcosa che è successo o che qualcuno ha detto.

Si tratta di domande centrate sugli aspetti relazionali che possono aiutare a costruire l’immagine del genitore come un sostegno emotivo per il figlio, un sostengo vero e non solo una persona preoccupata per i voti a scuola.

Lo stesso vale con i figli adolescenti, anche se spesso questi utilizzano come modalità comunicativa il silenzio, un genitore può sempre trovare il modo per dimostrare di esserci, anche aspettando che arrivi il momento in cui il figlio sarà pronto a parlare. È fondamentale che i figli sentano che i genitori sono attenti a ciò che a loro accade senza essere oppressivi e senza pensare solo al rendimento scolastico. Si tratta di un complesso gioco di equilibrio tra fiducia e contenimento, ma la buona notizia è che i genitori hanno spesso più risorse di quante pensano di avere!

Se si capisce che il proprio figlio sta incontrando delle difficoltà relazionali a scuola, si può aiutarlo a capire se è possibile modificare il copione, ovvero se c’è qualcosa che lui stesso può fare in prima persona per cambiare le cose.

Diventa fondamentale essere i principali alleati dei propri figli e questo può voler dire due cose: intervenire come adulti in maniera diretta o supportare il proprio figlio a chiedere lui aiuto ad altri alleati come gli insegnanti o altri compagni che possono diventare un sostegno. La modalità di intervento dipende da vari fattori, tra i quali anche la precocità dell’intervento e la gravità della situazione.

In ogni caso un aspetto fondamentale è che non rimanga nel ragazzo che vive la condizione di vittima un vissuto di impotenza.

Ci sono sempre delle azioni e delle competenze che possono essere messe in gioco per uscire da una situazione difficile, se lui non è solo, sarà più semplice farcela e, anche evitare che certe situazioni possano ricapitare in futuro.

È importante che passi il messaggio che essere vittima è un ruolo che si può vivere in un momento della vita e non una caratteristica di personalità, un’etichetta dalla quale è impossibile liberarsi.

Se poi la situazione è molto grave o si è protratta per molto tempo e il figlio è troppo provato, è giusto che siano i genitori a prendere in mano la situazione e gestirla tra adulti. In questo caso il messaggio che dovrà passare è che gli adulti sanno prendersi cura delle persone che vengono minacciate e vessate.

Anche in questo caso bisogna trovare la modalità giusta, costruendo una rete con la scuola e facendosi aiutare ad entrare in contatto con i genitori del bullo.

È sempre meglio evitare la spedizione punitiva a casa dei genitori del bullo perché si otterrebbe il solo obiettivo di enfatizzare il conflitto.

I genitori del bullo ascolteranno dal loro figlio una versione differente e saranno spinti dal desiderio di proteggerlo: questo pur non essendo giustificabile è umano e comprensibile, a nessuno piace sentire criticare il proprio figlio.

Ma cosa succede a dei genitori che scoprono che il proprio figlio mette in atto delle condotte riconducibili ad atti di bullismo?

I vissuti e le reazioni possono essere tanti e spaziare dalla rabbia alla negazione, passando per il senso di frustrazione per avere sbagliato qualcosa.

Manu ci racconta un’esperienza molto negativa, nella quale la madre del ragazzino che perseguitava sua figlia ha negato l’accaduto e, non essendosi messa in discussione, non ha portato avanti dei comportamenti riparativi rispetto alla condotta del figlio.

Non tutti i genitori reagiscono così, tanti, tantissimi sono pronti a rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro per capire come aiutare il proprio figlio a modificare il suo comportamento e quindi sostenerlo nel suo sviluppo futuro.

Bullismo a scuola. Come si può aiutare un figlio che compie atti di bullismo?

Prima di tutto è necessario mantenere la calma: niente aggressioni, né giustificazioni. Serve lucidità.

Ed è fondamentale che il ragazzo sappia che i genitori lo amano e vogliono aiutarlo a capire il proprio comportamento e porvi rimedio. Deve essere chiaro che è il comportamento ad essere sbagliato e non il ragazzo in sé, perché un comportamento può essere modificato, una persona no!

Anche in questo caso il ragazzo ha bisogno di capire i propri vissuti emotivi e di conoscere le proprie risorse, ha bisogno di sperimentarsi anche in altri ruoli, oltre a quello che magari lo rassicura perché gli è familiare, ma non necessariamente lo rende felice.

Non serve nemmeno a lui essere etichettato in maniera negativa, mentre è utilissimo accompagnarlo alla scoperta delle parti di sé che non conosce.

A livello pratico sarà necessario stabilire regole chiare da fare rispettare con coerenza e prestare attenzione alle manifestazioni di aggressività. Sarà fondamentale insegnare con il proprio comportamento la differenza tra assertività e aggressività.

Bullismo a scuola. Cosa può fare la scuola?

La scuola ha un ruolo importantissimo perché può contemporaneamente fornire aiuto ad entrambi: bullo e vittima.

È il luogo più idoneo per aiutare i ragazzi ad acquisire responsabilità e comprendere le proprie azioni e le loro conseguenze.

La scuola può mettere in atto misure che coinvolgano tutti gli attori coinvolti: i ragazzi, i genitori, gli insegnanti.

Non sempre la punizione diretta del bullo è la modalità più efficace, in genere è molto più utile un lavoro integrato che prevede il coinvolgimento di tutte le figure.

È possibile inserire dei programmi di prevenzione che abbiano l’obiettivo di promuovere le capacità relazionali nel rispetto di sé e degli altri, programmi di educazione socio affettiva che aiutino i bambini, sin dalla scuola per l’infanzia a riconoscere, accogliere e gestire le proprie emozioni, imparando a rispettare se stessi e gli altri.

Solo con interventi precoci di prevenzione e promozione del benessere si potrà evitare che il modello di comportamento aggressivo tipico del bullo, diventi una modalità di relazione preferenziale tra i ragazzi.

Per prevenire il bullismo a scuola è importante incominciare dalla scuola primaria potranno essere costruiti dei programmi di intervento strutturati e continuativi nel tempo che diano spazio:

  • alla formazione/informazione in modo da creare sempre maggiore sensibilità e attenzione sul tema;
  • integrazione dei diversi ruoli professionali in modo che ci sia un monitoraggio di ciò che accade a diversi livelli e nei diversi spazi;
  • programmi specifici rivolti al gruppo classe perché si possa lavorare in gruppo sulle dinamiche che vengono a Lavoro sull’empatia, la condivisione, il rispetto reciproco;
  • interventi individuali sia con le vittime che con i bulli;
  • coinvolgimento dei genitori come parte fondamentale di un progetto educativo più ampio.

Naturalmente sarebbe opportuno che gli interventi sugli atti di bullismo a scuola, o sulle attività di prevenzione venissero coordinati da un professionista esperto che riesca a capire anche se è necessario attivare delle azioni di sostegno familiare o individuale di natura psicologica.

Maria Grazia Rubanu e Melania Cabras

Psyblog. La sostenibile leggerezza dell’essere

 Studio di psicologia Psynerghia

Figli al centro Problemi scolastici, autostima negli adolescenti, dialogo con i figli, come gestire la separazione e molto altro. Le psicologhe ci aiutano nei nostri timori di gentiori.

 

 

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