Come risolvere il conflitto madre figlia adulta è quello che abbiamo chiesto  alle psicologhe dello Studio Psynerghia . E’ difficile rispondere a domande così importanti come quelle che abbiamo posto nel nostro articolo: Conflitto madre – figlia adulta come risolverlo senza correre il rischio di banalizzare.  E’ un tema molto complesso con radici lontane, ed è proprio da lì che iniziamo a parlarne.

Ogni bambino ha il legittimo bisogno di essere guardato, capito, preso sul serio e rispettato dalla propria madre. Deve  poter disporre della madre nelle prime settimane e nei primi mesi di vita, usarla, rispecchiarsi in lei.

Un’immagine di Winnicott illustra benissimo la situazione: la madre guarda il bambino che tiene in braccio, il piccolo guarda la madre in volto e vi si ritrova…a patto che la madre guardi davvero quell’esserino indifeso nella sua unicità, e non osservi invece le proprie attese e paure, i progetti che imbastisce per il figlio, che proietta su di lui.

In questo caso nel volto della madre il bambino non troverà sé stesso, ma le esigenze della madre. Rimarrà allora senza specchio, e per tutta la vita continuerà invano a cercarlo”.(1)

In queste parole Alice Miller sintetizza molto bene ciò che dovrebbe succedere nella prima infanzia tra una madre (e più in generale un genitore) e il suo bimbo di cui si prende cura e ciò che invece può succedere se non si crea la necessaria condizione di sintonizzazione affettiva e di attenzione per l’altro, per la creatura che si è messa al mondo.

Come risolvere il conflitto madre figlia adulta: i bisogni fondamentali dei bambini

Tutti i bambini quando nascono hanno un bisogno fondamentale che è quello di essere considerati e presi sul serio sin dall’inizio, per quello che sono in ogni momento della crescita.

Hanno bisogno che vengano riconosciuti i loro sentimenti, le loro sensazioni e la loro espressione, sin dal primo istante di vita.

È solo in un’atmosfera di questo tipo, caratterizzata dal riconoscimento dei suoi bisogni e quindi di ciò che realmente è, che il bambino potrà uscire dalla simbiosi con le figure di accudimento e compiere i primi passi verso l’autonomia e uno sviluppo affettivo sano.

Come risolvere il conflitto madre figlia adulta: anche i genitori sono stati bambini

Ma perché questo sia possibile è necessario che anche i genitori siano cresciuti in un ambiente analogo.

I figli che hanno ricevuto sicurezza e protezione saranno genitori che offrono sicurezza e protezione ai propri figli. 

I genitori che non hanno vissuto in un clima di questo tipo vivranno in uno stato di carenza affettiva che li porterà a cercare per tutta la vita ciò che non hanno ricevuto dai loro genitori “al momento giusto”.

Questo bisogno rimarrà non appagato e cercherà altre vie per trovare una soddisfazione.

E la nascita di un figlio diventa quindi la possibilità di cercare in modo illusorio la soddisfazione di questo bisogno. Un neonato è completamente dipendente dai genitori e, siccome la sua vita dipende in tutto e per tutto dalle loro cure, lui cercherà di fare di tutto pur di non restarne privo.

“Come la pianticella si volge verso il sole, fin dal suo primo giorno di vita egli impiegherà tutte le sue risorse per sopravvivere”. (2)

Come risolvere il conflitto madre figlia adulta: adattamento e adultizzazione precoce

E così il bambino sperimenta e sviluppa sempre di più la sua capacità di adattamento. Sente che si ha bisogno di lui e questo diventa il senso della sua esistenza.

Si tratta di bambini che diventano spesso madri delle proprie madri, svolgendo attività di consolazione e sostegno sin dalla più tenera età, e diventando adultizzati fratelli maggiori che si occupano dei fratelli minori con grande sensibilità e senso di responsabilità precoce.

Stiamo parlando di bambini che sviluppano presto una grande sensibilità per i bisogni altrui che perdurerà in età adulta, portandoli spesso a mettere da parte i propri bisogni (che non sentono più) per soddisfare quelli degli altri.

Come risolvere il conflitto madre figlia adulta: il falso sé come risvolto della medaglia

Ma qual è lo scotto che si paga per lo svolgimento di un compito tanto gravoso?

Per conformarsi alle aspettative di chi si prende cura di lui, il bambino deve mettere da parte, fino a rimuoverlo, il suo bisogno di amore, di attenzione, di sintonia, comprensione, partecipazione e rispecchiamento.

Deve imparare a reprimere le proprie emozioni ogni volta che non vede riconosciuti i propri bisogni, ogni volta che vede disconfermato ciò che sente, per esempio i sentimenti di ira, invidia, impotenza, abbandono, paura che poi farà fatica a riconoscere ed esprimere anche in età adulta.

Il bambini possono vivere certe emozioni soltanto se ci sono adulti significativi che li accettano nella totalità del loro essere, anche con quei sentimenti che invece sono spesso giudicati come negativi e come qualcosa si cui vergognarsi.

Se il messaggio che passa è quello che quei sentimenti non possono essere vissuti, allora il bambino non può tenerli per sé, ma per sopravvivere senza sentirsi rifiutato, deve rimuoverli. Vengono rimossi a livello cosciente ma restano scolpiti nella memoria del corpo come informazioni.

In seguito questi sentimenti potranno ripresentarsi senza poter però più essere associati alle esperienze originarie, ed è qui che si corre il rischio di chiedere in maniera inconscia, di soddisfarli ai propri figli, quando si diventa genitori.

Un bambino piccolo infatti è sempre disponibile al genitore e non sfugge come poteva sfuggire una madre o un padre al bambino piccolo.

Dal bambino si può ottenere rispetto, e rispecchiarsi nell’amore e nell’ammirazione che nutre per i suoi genitori.

Il bambino sente questo bisogno e vi si adegua, rinunciando presto a esprimere le proprie esigenze.

L’adattamento ai bisogni dei genitori può condurre allo sviluppo di un FALSO SÉ, ovvero allo sviluppo di un atteggiamento in cui il bambino inizia ad apparire come ci si aspetta che sia e si identifica con i sentimenti che mostra. Il vero sé  non può svilupparsi perché non può esser vissuto.

Non potendo fare esperienza dei propri sentimenti il bambino  non può costruirsi una propria sicurezza e dipenderà in modo inconscio dai propri genitori, avrà sempre bisogno della loro conferma e poi di quella di tutte le persone significative che incontrerà: il partner, gli amici e soprattutto i figli.

Alla solitudine provata in casa da piccoli corrisponderà un forte senso di solitudine interiore da adulti.

Quello che Alice Miller definisce il bambino dotato diventa quindi un adulto in miniatura, è responsabile, non piange, diventa presto autonomo rispetto al controllo degli sfinteri, è capace di badare ai fratelli più piccoli, ma è anche il frutto di violenze sottili e precoci, misconoscimenti, disconferme, fino a vere e proprie forme di violenza psicologica e/o fisica.

Il bambino dotato è sensibile ricettivo e impara presto a rispondere alle esigenze dei genitori, conformandosi alle aspettative e rinunciando ai bisogni fondamentali, in primo luogo a quello più importante: essere amato per ciò che è.

L’unica possibilità per uscire da questo circolo vizioso che può portare il bambino a diventare un adulto che cerca riconoscimento nei propri figli è un percorso si riscoperta del proprio “destino infantile” che può essere fatto attraverso la psicoterapia.

La consapevolezza è un primo passo importantissimo, ma da sola spesso non basta, è necessario riuscire a vivere i sentimenti negati come la rabbia e l’odio, quei sentimenti ritenuti impossibili da esprimere dai propri genitori.

Bisogna anche dire che la psicoterapia non fa miracoli, non restituisce l’infanzia perduta, ciò che è successo non verrà annullato e le ferite non guariranno attraverso una magia.

Ma sarà possibile ritrovare il proprio mondo affettivo adulto, privo del mito dell’armonia, ma con tutta la capacità di vivere la propria vita, passando attraverso il lutto di ciò che è stato per ritrovare una vitalità dimenticata ma non perduta.

Una buona psicoterapia aiuta anche a non sentire più il bisogno di cercare un riconoscimento impossibile nelle figure genitoriali che non possono darlo.

Come risolvere il conflitto madre figlia adulta è la domanda espressa nel post di Manu, “Conflitto madre figlia adulta: come risolverlo” dove parla del bisogno di cercare un confronto e un senso da parte di una donna adulta con la propria madre, in realtà non potrà essere soddisfatto, a meno che anche la madre in questione non decida di intraprendere un percorso psicologico. Le difese dell’anziana madre sono probabilmente talmente radicate da essere diventate delle insormontabili barriere che si traducono in espressioni verbali che feriscono la figlia che vorrebbe finalmente avere quell’accoglienza totalizzante ed esclusiva che non ha potuto avere “al  momento giusto”.

Tutto questo però non corrisponde ad una sconfitta, ma apre alla possibilità di elaborazione di quel lutto rimasto in sospeso per tanti anni, il lutto per non aver avuto dei genitori capaci di amare incondizionatamente, il lutto per non essere stati amati per ciò che si era e si è, il lutto per aver dovuto reprimere il proprio bambino durante l’infanzia e il bambino interiore in seguito.

Ma ogni lutto di parti di sé apre anche ad una rinascita, non senza dolore certo, proprio come avviene durante un parto.

Sarà possibile la rinascita del vero sé, di un essere autentico, che potrà finalmente portare la nostra donna adulta, a sua volta diventata madre, ad accettarsi e amarsi per ciò che è, con tutte le inevitabili e preziose ombre che caratterizzano ognuno di noi.

Così come abbiamo aperto con le parole di Alice Miller, proviamo a chiudere con un altro suo passo, che amiamo molto perché mostra la possibilità di farcela, non in modo illusorio, ma attraversando le difficoltà, per ritrovare la strada perduta verso se stessi.

“Non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato, né possiamo cancellare i danni che ci furono inflitti nell’infanzia. Possiamo però cambiare noi stessi,” riparare i guasti”, riacquisire la nostra identità perduta. Possiamo far questo nel momento in cui decidiamo di osservare più da vicino le conoscenze che riguardano gli eventi passati e che sono memorizzate nel nostro corpo, per accostarle alla nostra coscienza. Si tratta indubbiamente di una strada impervia, ma in molti casi ci offre la possibilità di abbandonare infine la prigione invisibile – e tuttavia così crudele – dell’infanzia e di trasformarci, da vittime inconsapevoli del passato, in individui responsabili che conoscono la propria storia e hanno imparato a convivere con essa.” (3)

Maria Grazia Rubanu e Melania Cabras

Psynerghia – Psicologia e Relazioni

(1) Alice Miller, Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero Sé, 1996, p. 37
(2) Alice Miller, p. 14
(3) Alice Miller, p.9
Foto umanoide (unsplash) che ritrae un murale di Orgosolo di F. Del Casino
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